Archivi categoria: Bambini speciali

Ricordo insolito di un Natale passato

Stamattina stavo leggendo il post di Eva, e mi è venuto in mente un’esperienza fatta in giovane età.

Ero una ragazzina, con mia mamma, un cugino della mia stessa età e con altre persone che facevano parte di un’associazione di volontariato, siamo andati in un Istituto di bambini speciali, abbiamo partecipato ad una festa di Natale un po’ diversa dal solito.
Tutti i bambini presenti in Istituto, che erano in età scolare, avevano una famiglia alle spalle, (almeno credo), una famiglia che non poteva o non se la sentiva di gestire un bambino con problemi così gravi. I bambini erano per lo più in sedia a rotelle, avevano gravi patologie motorie e cognitive, c’erano anche diversi bambini down.

Ero alle medie, quindi non di certo matura e rimasi molto colpita da tutti questi bambini urlanti, che facevano gesti inconsulti, ripetitivi, che sbavavano, ti fissavano, oppure ti facevano sempre le stesse domande. Un po’ ne avevo paura, lo ammetto, questi bambini erano imprevedibili. Alcuni facevano tenerezza, altri invece si mettevano le mani in bocca e poi mi toccavano il viso, quindi io ne ero schifata.
Ero una ragazzina e mi sono trovata catapultata in una dimensione che non mi apparteneva, in un luogo così diverso dalla mia realtà quotidiana, a contatto con persone che vivevano la loro vita li dentro,  molti di loro erano ospiti fissi, altri erano ospiti diurni.
Ascoltavo i grandi parlare delle difficoltà nel gestire i bambini bisognosi, non solo di attenzioni fisiche, ma bisognosi sopratutto di affetto e loro erano pochi rispetto al numero dei bambini presenti. Ascoltavo, ma non capivo fino infondo ciò che dicevano e le problematiche che avevano.
Durante la giornata mi sono divertita, avevano organizzato dei giochi per i bambini presenti e noi vi abbiamo partecipato. Il clima era festoso e il personale addetto ai bambini era simpatico e disponibile, correvamo per i corridoi rallegrando la giornata a tutti.
Io e mio cugino abbiamo fatto anche una cosa stupidissima, che se ci penso ora mi viene la pelle d’oca. Nell’Istituto era presente un’ascensore, noi  siamo saliti e una volta ll’interno, noi due soli, abbiamo iniziato a saltare fortissimo e l’ascensore si è bloccato a metà corsa, eravamo eccitatissimi e felicissimi di questo, esaltatissimi, poi schiacciavamo i bottoni e l’ascensore ripartiva. L’abbiamo fatto più volte, finchè non ci hanno scoperto. E’ evidente che l’ascensore aveva un problema, ma per noi era meglio di una giostra. Speriamo che nessuno sia rimasto bloccato all’interno dopo che ce ne siamo andati.
Ho un buon ricordo di questa giornata e ringrazio mia mamma per avermela fatta vivere.

Cody McCasland un esempio per tutti. Il suo motto: siate forti, mai arrendersi

Cody McCasland è nato 11 anni fà, prematuro con una rara sindrome, gli hanno amputato le gambe quando aveva 15 mesi. I primi anni della sua vita sono stati molto difficili, blocchi respiratori, mesi di ospedale, operazioni, un vero incubo. Cody però è un vincente, oggi Cody corre, salta, partecipa a minitriathlon, usa l’ handbike e nuota. Il suo sogno è partecipare alla Paralimpiadi di Rio, cavoli che sogno!!!
Cody è un esempio di positività, di carattere, è fonte di ispirazione per chi ha gravi problemi di deambulazione. Da quando aveva sette anni Cody frequenta il Veterans Administration Hospital, dove ci sono soldati rimasti paraplegici, non vedenti, amputati. Anche lui sa cosa vuol dire essere vicino a morire, sa cosa vuol dire vivere senza gambe, le difficoltà che la vita propone, parla con loro, parla della sua vita con i veterani. I soldati lo ascoltano, i soldati gli credono. Il motto di Cody è :« Be strong, never give up , siate forti, mai arrendersi».
Cody è stato testimonial dell’ospedale che lo ha preso in cura, il Texas Scottish Rite Hospitalfor Children ed è portavoce del Caf, Challenge AthletesFoundation, organizzazione che si occupa di recuperare fondi per aiutare le persone con disabilità a praticare sport.

Cody sarà a Roma, in Vaticano, per ricevere il Premio Sciacca. La premiazione avverrà nel corso di una solenne cerimonia in programma sabato 10 novembre, ore 17.30, presso l’Aula Magna della Pontificia Università Urbaniana.

Nelle intenzioni della Giuria e della Presidenza del Premio Sciacca,egli costituisce un esempio per tutti coloro i quali vivono situazioni difficili, fisiche o psicologiche.  “Cody – si legge nella motivazione del Premio – unisce alla tenacia, alla determinazione e allo spirito di sacrificio, una grande sensibilità, una sana gioia di vivere e un forte senso di altruismo,sì da rappresentare una splendida icona di atleta, propositiva dello spirito olimpico di tutti i tempi”.
Cody è un messaggio di speranza per tutti.
Se volete leggere la sua storia andate QUI.
Mi piace trovare nel web queste storie e proporvele, sono esempi positivi che riempiono il cuore di amore per la vita.

Una foto per Dirk, un bimbo affetto da un cancro

Dyrk Burcie è un bambino di soli quattro anni affetto da un cancro. Quando un anno fa gli venne diagnosticato il male incurabile suo padre Dameon, vigile del fuoco di Dallas, decise di fare qualcosa per rallegrarlo e portare il buonumore in famiglia: ideò la scritta del suo nome con i camion dei pompieri e la immortalò in uno scatto da regalare al figlio. La foto venne postata sulla pagina Facebook dedicata al piccolo e da lì il passaparola ha fatto tutto il resto. I pompieri di tutta la zona si sono presi a cuore la vicenda e hanno creato nel corso dei mesi una catena di messaggi di solidarietà, pubblicando le immagini più disparate con il nome di Dyrk. Da allora la campagna – che si può anche sostenere con un versamento in denaro – porta il nome di “Dyrk Strong”.

Una dimostrazione di solidarietà molto importante per la famiglia, perché nel mese di aprile – dopo nove cicli di chemioterapia e un trapianto di fegato senza risultati – i genitori del piccolo hanno deciso di sospendere tutte le cure per godersi il più possibile gli ultimi mesi di vita di Dyrk. Grazie all’eco che la vicenda ha avuto su televisioni locali e poi nazionali, la catena solidale di foto si è diffusa ovunque, tra le associazioni o le squadre di football fino ai vigili del fuoco di Houston, che accanto al nome hanno aggiunto i loghi dei Transformers, il cartone animato preferito di Dyrk. Non solo: l’iniziativa spontanea ha stimolato la fantasia e spinto alcuni pompieri a trovare metodi spettacolari, come il nome fatto da balle di fieno infuocate e ripreso da un’altezza vertiginosa. Vale tutto, insomma, purché si regali un sorriso al piccolo Dyrk.
 

Chicci di felicità per bambini speciali, iniziativa della Chicco

Sono già più di 70.000 i testimonial del progetto “Chicchi di felicità per bimbi speciali”, nato nel 2010 dalla collaborazione tra Chicco e Ai.Bi, l’Associazione Amici dei Bambini. L’obbiettivo di questo progetto, incentrato sulla vendita nei negozi Chicco di ciondoli solidali ribattezzati “chicchi di felicità”, è raccogliere fondi per sostenere le attività di informazione e formazione per accompagnare le coppie e i bambini con problemi verso un’adozione speciale. Con il risultato di creare sul territorio italiano quattro Case Famiglia e undici Punti Famiglia. Intorno a questi charm è nata una vera e propria “community” a portata di clic. Per accedervi è sufficiente entrare nella sezione solidarietà del sito Chicco.com e postare così una foto che ritragga il ciondolo indossato con un sorriso o in compagnia degli amici, personalizzato in tanti modi originali e fantasiosi. Queste immagini vengono poi raccolte nella photo gallery del sito: in questo modo si diventa testimonial dei chicchi di felicità per poter essere informati sugli eventi e sulle iniziative legate al progetto. «Finora sono stati raccolti oltre 200.000 euro con più di 70.000 Chicchi di Felicità venduti — informano dalla Chicco — in un solo anno di attività, il progetto ha consentito l’adozione di 167 bambini speciali e l’assistenza di 169 famiglie». E oggi il chicco di felicità diventa bracciale,completo di un tubicino evanescente e regolabile, da indossare da solo o insieme ad altri bracciali.
 La nuova medaglietta è venduta in tutti i Negozi Chicco al prezzo di 3 euro, un piccolo contributo per un grande aiuto a tutti i ‘bambini speciali’ che avranno la possibilità di vivere e crescere nel calore di una famiglia.

Oltre alla nuova versione, in alcuni selezionati Negozi Chicco sarà possibile acquistare anche i braccialetti Chicco di Felicità velvet edition in 10 diversi colori al prezzo speciale di 6 euro.

La bimba senza mani che vince un concorso di calligrafia

La storia di Annie Clark ha commosso e incantato l’America. La piccola ha sette anni ed ha una malformazione alle mani: le sue dita non si sono formate, per cui la sua non è una vera e propria mano.  Nonostante questa importante malformazione che ha compromesso una delle parti del corpo più importanti per un individuo, le mani, la bambina è stata premiata come vincitrice ad un concorso nazionale di calligrafia. Può sembrare paradossale, ma Annie utilizza quello che resta delle sue mani come una persona normodotata. La bimba è, infatti, in grado di vestirsi, andare in bici o nuotare, scrivere, aprire lattine e così via. Insomma, è una bambina perfettamente autosufficiente, che oltre a badare a se stessa dà anche il suo contributo in casa.
In effetti, Annie è una dei nove figli di Tom e Mary Clark, genitori della piccina. I due hanno tre figli naturale e sei figli adottati in Cina, tra cui anche Annie. La piccola non è l’unica ad avere una disabilità in famiglia. Anche i suoi fratelli hanno delle deformazioni agli arti, mentre una dei figli biologici dei bravi genitori ha la sindrome di Down. Tom e Mary raccontano che non è stata loro la scelta di adottare bambini con disabilità, ma questo è ciò che Dio ha voluto per loro e ne sono felici. La piccola Annie da grande vuole diventare una scrittrice e secondo il padre ha tutta la determinazione necessaria per potercela fare.

Fonte: aciclico

Young Xiaopeng, bimbo sfigurato.

Un bambino cinese è stato sfiguarato al viso mentre giocava con un accendino.
E’ privo di capelli, labbra, palpebre, la prima falange delle mani e dei piedi dopo l’incidente nel novembre 2010. Le sue ferite rendono anche difficile per lui vedere.
Il bambino è andato in fiamme dopo aver accidentalmente dato fuoco ad alcuni stocchi di mais vicino a casa sua in provincia di Ningxia Yinchuan in Cina.

I genitori, per farlo curare, hanno speso i risparmi di una vita e venduto la loro casa e la terra.

Xiaopeng  vive ora a casa, perché quando i suoi genitori hanno provato a portarlo a una scuola, lo hanno mandato a casa dopo una giornata a causa del suo aspetto.
Necessità di almeno tre operazioni ma la sua famiglia non è in grado di pagare e il sistema sanitario è molto carente. Sappiamo che potremmo migliorare la vita di nostro figlio con alcuni trattamenti e la chirurgia plastica, ma purtroppo non abbiamo soldi – ha spiegato il padre – Vedere mio figlio così è doloroso”. La famiglia sta cercando di raccogliere 30 mila sterline (circa 40 mila euro) per pagare almeno tre interventi chirurgici importanti, uno dei quali favorirebbe un miglioramento della respirazione.

L’«Ecmo» gli ha salvato la vita

È cominciato tutto quest’inverno: il piccolo Andrea ha la febbre e accusa sintomi che sembrano quelli di una sindrome influenzale, anche se con il trascorrere delle ore respira sempre più con difficoltà. Ha poco più di 6 mesi il piccolo, e i genitori si allarmano da subito: la febbre non accenna a diminuire e le difficoltà respiratorie sono sempre più consistenti.

Andrea viene ricoverato al Policlinico di Milano (il piccolo e i suoi genitori abitano in territorio milanese): i medici fanno l’impossibile per debellare l’infezione che sta minando la funzionalità polmonare del piccolo, ma Andrea, seguito nella Terapia intensiva pediatrica «De Marchi», una delle più quotate d’Italia, peggiora di ora in ora. È determinante, in questo quadro clinico drammatico, la collaborazione tra il Policlinico di Milano e i medici degli Ospedali Riuniti.

«C’era solo una possibilità per mantenerlo in vita – continua Lorini -. Ed era quella di collegarlo all’Ecmo.
Un macchinario che funziona proprio come il cuore artificiale, ma è per i polmoni: in sostanza ossigena il sangue al posto degli organi che non sono più in grado di farlo, permettendo così ai medici di curarli, mentre l’organismo del paziente non va comunque in carenza di ossigeno. E già dalla comparsa della sindrome influenzale H1N1 il ministero della Salute aveva individuato gli Ospedali Riuniti come centro di riferimento nazionale per l’Ecmo pediatrico. Per questo il Policlinico si è rivolto ai Riuniti. La collaborazione in questo caso per Andrea è stata determinante».

Una volta arrivato agli Ospedali Riuniti, il piccolo è rimasto collegato per due settimane alla speciale apparecchiatura, ricoverato in Terapia intensiva pediatrica, mentre i medici «aggredivano» con terapie farmacologiche la gravissima infezione che aveva colpito i suoi polmoni; e per un altro mese il piccolo è rimasto in Terapia intensiva. Guadagnando fiato e ossigeno di giorno in giorno. Poi, i segni tangibili della guarigione. «Ora deve sottoporsi a controlli periodici – conclude Lorini -. Cosa ha messo ko i suoi polmoni? Una grave infezione, ma individuare quale ceppo virale è praticamente impossibile. L’importante è che Andrea sia qui. Respira, e cresce».

Andrea respira finalmente a pieni polmoni, da solo: respira e cresce, mette su peso. Il 18 maggio festeggerà il suo primo anno di vita.

Il suo caso è il primo del genere in Italia: non era mai successo che un neonato venisse trasportato già attaccato all’Ecmo

Fonte: Eco di Bergamo