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La mia mamma era…

La mia mamma era una tipa tosta. Era nata all’inizio della seconda guerra mondiale, quando c’era penuria di cibo, i papà erano in guerra e le mamme si occupavano di tutto.
Mia mamma aveva 3 sorelle e 7 fratelli, lei era la quarta, quindi responsabilizzata sin da subito.
Mia mamma da giovane allevava i bachi da seta, era brava, poi cominciò a fare la magliaia, ma non le piaceva. Voleva fare l’infermiera, era il suo sogno, ma la nonna non l’ha mai lasciata andare, i maschi studiavano, le femmine aiutavano in casa e lavoravano.
Mia mamma si è sposata a 22 anni, l’hanno dopo ha avuto mio fratello, dopo 4 anni sono nata io, ma la voglia di fare l’infermiera non le era passata.

Quando ho iniziato ad andare alla scuola materna, mamma si è iscritta alla scuola di infermiera, allora lo si diventava in un anno, un corso intensivo, lavoro in corsia sin da subito.
La ammiro per ciò che ha fatto, due figli, un marito, la casa, lo studio e il lavoro. E’ stata brava, è stata determinata, ce l’ha fatta. Lavorava in un noto ospedale, nel reparto di pediatria, le piaceva, anche se era difficile conciliare il tutto, ma papà l’ha sempre aiutata molto e noi….noi siamo cresciuti.
Il suo carattere era troppo forte per me, mi prevaricava, mi comandava, ci scontravamo, me nemmeno tanto, io cedevo, non sono forte, mi arrendo, combatto poco per me stessa.
Mi son sposata, me ne sono andata, ci siamo allontanate, voleva comandare ancora e io tenevo le distanze.
Ha capito? Non lo so, ma avanzando con l’età un po’ si era ricreduta su di me, sulla famiglia che avevo creato e ha cominciato ad avvicinarsi, a parlarmi di più. Mi diceva che voleva trasferirsi vicina a casa mia, forse anche perchè avevamo scoperto che mio papà aveva una malattia degenerativa grave.
Ero felice, per la prima volta stava preferendo me a mio fratello, aveva un debole per lui, era il suo preferito.
Aveva letto la sua cartella clinica, sapeva cosa aveva, sapeva che sarebbe morta da lì a poco, ma non ne abbiamo mai parlato, non siamo riuscite ad entrare nell’argomento, non ci siamo dette addio.
Abbiamo lasciato che i giorni trascorressero, ci siamo tenute compagnia, abbiamo parlato di tutto e di niente. Avrei voluto farti tante domande, sapere di più, dirti che ti volevo bene, ma non ce l’ho mai fatta.
Ti abbracciavo, ma tu difficilmente ricambiavi, non sei mai stata capace, non eri da gesti affettuosi, come non lo è papà e mio fratello. Io sono quella che abbraccia, che bacia, che fa sentire l’affetto con i gesti, voi non lo siete mai stati, fate fatica a lasciarvi andare.
Te ne sei andata due giorni dopo aver compiuto 62 anni, ma il tuo compleanno l’avevamo “festeggiato” un mese prima, ricordo ancora la tua frase: “Ho preparato la torta oggi, non so se arrivo al mio compleanno”. Mi stavi preparando, mi avvisavi in ogni modo, sapevi che sono fragile, che sarei crollata, che una parte di me sarebbe morta con te. Lo sapevi e così è stato.
Piango per tutto ciò che non è stato, per tutto ciò che ci siamo perse, per la complicità che non abbiamo avuto, per la paura che ho sempre avuto di te, per le botte prese, per le occasioni mancate.
Piango perchè mi manchi tanto, perchè ho pregato tanto che non morissi, ma nessuno mi ha ascoltato. Piango perchè mi sono sentita abbandonata, perchè sono orfana di madre, perchè con te se n’è andato il mio passato e un futuro che sarebbe potuto essere diverso, magari migliore o forse no, mi sto solo illudendo.

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